Uno scherzo

Una mattina come tante ti alzi, indossi il maglione nuovo, quello che hai acquistato da poco, di cui ti piaceva il colore ma non ti convinceva poi tanto eppure lo prendi lo stesso, bevi un cappuccino al volo, controlli l’orario, è tardi devi correre a lavoro.
Prendi la giacca e scappi, LO saluti al volo, da lontano, pensi tra te e te “non gli ho neppure dato un bacio prima di andar via, lo farò al mio rientro”
“Ciao, io vado, non farmi brutti scherzi eh…”
ore 12,30 a scuola, mi appresto a fotocopiare i test di verifica per la prima classe, sono indietro col programma.
“è arrivata una telefonata per te, devi andare subito a casa…”
In quel momento non capisco, non realizzo, prendo la borsa entro in macchina, poi il freddo. Intuisci. E’ successo. Lo scherzo ha deciso di fartelo. Mentre eri via. Mentre non potevi stringergli le mani. Non ti ha permesso di salutarlo.

Entro in casa, sembra un film, non ci credi, non è vero…
tua madre in lacrime, tuo fratello sconvolto. Lui li, fermo, immobile, assente, non c’è più. Non ti ha aspettato.
il mondo si ferma. Si ferma tutto. Respiro.
E non hai il tempo di pensare, di capire, di accettare che già ti parlano di fiori, vasi, necrologi, mogano, foto effetto santità o casual. E arrivano tutti, e la casa si riempie e tu fissi quel vuoto e quel corpo e non lo riconosci già più.
Sono i particolari quelli che poi ti rimangono dentro e ti martellano.
Le mani, le orecchie, le palpebre, il profumo di fiori…
E qualcuno ti abbraccia, qualcuno ti sussurra qualcosa ma tu non li guardi, non li ascolti. Ti arrabbi col destino, ti arrabbi pure con lui.
Bello scherzo.
Consapevolezze.
Prese di coscienza.
Tocca a me adesso. Tocca a me prendere il suo posto.
Incognite. La mia terza vita comincia adesso.
Non si è mai pronti. Neanche quando lo sai già.
ti arrendi al fatto che siamo niente, solo pedine.
Ingoi il boccone, indossi il tuo vestito migliore e volti pagina.
Dentro sto morendo un po’ anch’io, lo camuffo con sorrisi smaglianti. Celo il disordine e lo scompiglio.
Non piango neppure. Non posso, non devo.
Invece vorrei gridare. Invece vorrei quell’abbraccio sincero di un uomo che mi dica, ehy ci sono io.
Poi  rimani sola e fai  finalmente i conti.

E ti accorgi che  in fondo la morte ti stava seduta nella stanza accanto già da qualche tempo,lì, beffarda, crudele, sempre li,  ha solo aspettato che indossassi il  tupmaglione nuovo, quello che non ti convinceva poi tanto.

 

 

 

 

 

 

 

 

italiani, arbitri e critici cinematografici; la grande bellezza di Sorrentino

Che gli italiani fossero un popolo di santi e navigatori era chiaro, che fossero arbitri lo avevo capito con Byron Moreno, ma che fossero anche critici cinematografici l’ho scoperto oggi. Siamo tutti esperti.E di esperti in queste ore ne ho scovati tanti, campioni imbattibili di idiozie.Il giorno prima tutti a gioire il gioire per l’oscar a Paolo Sorrentino per la sua “grande bellezza”,il giorno dopo tutti davanti la tv a demolirlo. 
Non so se sia peggio chi lo critica perché si è annoiato durante la visione, o chi lo difende senza che abbia capito il senso stesso del film.
Per me è solo una grande tristezza. Io difendo Sorrentino e credo fermamente che l’arte non sia percepibile da tutti. Del resto il genio, il più delle volte viene riconosciuto a distanza di anni. Per me “la grande bellezza” è un quadro impressionista, e come tale, bisogna sbirciarlo, viverlo, capirlo. Un capolavoro lirico, che si lascia scoprire fotogramma dopo fotogramma, per trionfare in un finale che ne svela la pure essenza, che mette a nudo l’atomo della vita stessa, il senso dell’intero film e di tutto il creato. C’è arte in ogni singolo frame della pellicola, ogni immagine; ogni volto è un ritratto, a volte storpiato; ogni ripresa, se estrapolata dal resto, potrebbe benissimo essere un quadro a se stante in cui ogni dettaglio risulta impeccabile e mai stonato. Gli ori, i fasti, i marmi dell’antica Roma, mostrati nella loro magnificenza e nel loro postumo declino. Il contrasto tra la ricchezza degli ambienti e la pochezza interiore di coloro che li attraversano. E così gli stucchi ingrigiti, gli intonaci scrostati diventano simbolo di un’anima che si è persa, e fanno da cornice al protagonista, Jep Gambardella, una sorta di Dorian Gray partenopeo, che ha accanto a sé il suo Basil interpretato da Carlo Verdone. E così, il superficiale, il materiale, lascia spazio allo spirito, la coca contrasta con le ceneri della morte, a cui tutti inevitabilmente andranno incontro, che sia morte spirituale o corporea. Eppure c’è il riscatto. C’è la rinascita…c’è il senso dell’intera esistenza alla fine del film, in questo ciclo circadiano dove la fine riporta alle origini, dove l’inizio rivela la bellezza degli albori, là dove tramonta l’anima, spunta l’alba su Roma, ed è subito un nuovo giorno, un nuovo principio. “Bisogna cibarsi di radici, le radici sono importanti”, e dovrebbero ricordarlo anche gli italiani annoiati davanti al loro televisore, con i loro  occhi offuscati da grandi fratelli e cinepanettoni. Bisogna solo che rimanere in silenzio davanti all’arte, e magari buttare via il telecomando.

(fine, volevo solo dire la mia umilissima opinione)

vi lascio con due commenti letti qua e la per il web che mi hanno fatto drizzare i capelli, i commenti li lascio a chi legge:

commento nr.1:

“io,al di lá di ogni polemica,vorrei sinceramente capire cosa ha di bello questo film da meritare un Oscar…Roma? é stupenda anche senza Oscar. .successo? non credo ne avrá se paragonato a capolavori come la vita é bella o nuovo cinema paradiso…..che rivedrei milioni di volte per commuovermi sempre….sfido chiunque a fare lo stesso con sta oscenitá di film.”

commento nr.2 ( ovvero chi vuole difenderlo, ma senza accorgersene lo distrugge)

“Il film non era come Benigni con la sua “La vita è bella” che ha trattato una storia vera vincendo l’ultimo oscar in Italia. Sorrentino ha uno stile totalmente diverso senza trama, senza storia e il film DOVEVA essere lento e “noioso” come dici tu, perché ti stava facendo assaporare lentamente parola su parola, immagine su immagine, emozione dopo emozione”

(ottimo, quindi il film è un capolavoro, perché non ha trama!)

commento nr.3

“più che grande bellezza, a me sembra la grande schifezza, mi sto addormentando, meno male che non l’ho visto al cinema.Faceva così cagare che l’unico motivo che ha vinto come migliore è per ROMA e la Ferilli, tutto il resto era una merda, e non sono il solo a dirlo”.

 

……………………..  de gustibus………Immagine

Holding back the tears

Non so dove abbia trovato il coraggio, c’ho messo un anno e 11 mesi esatti, ma alla fine l’ho fatto. Ho aperto l’armadio di mio padre e l’ho rovistato. Ho preso delle sue camicie, belle, nuove, sapevano ancora di lui, e le ho date via. Ho deciso di darle in beneficenza. Ho deciso che era il momento. Nessuno potrà più indossarle, e negli ultimi mesi della sua vita erano perfino troppo grandi per lui, un corpo ormai divorato dalla malattia. Per ogni camicia messa via, c’era un ricordo da associare, un profumo, un sorriso, una sensazione.
Quelle rimarranno in me. Non so chi le indosserà adesso, ma mi piace pensare che siano destinate ad un omone sorridente e forte come mio padre. Penso che mio padre lo avrebbe fatto, sarebbe stato felice di questo gesto. Lui aiutava sempre tutti. Io invece non ci sono riuscita, per due anni le ho tenute li chiuse nel suo armadio, ancorate a quelle grucce, quasi come una prova tangibile del fatto che lui sia davvero stato qui fra noi un tempo. Non è stato un sogno. Quasi come a volersi illudere che tanto domani entrerà ancora da quella porta, aprirà il suo armadio e le indosserà, come se fosse qui.
Invece no. Non mi chiederà consigli su come indossarle, non mi mostrerà i suoi  ultimi acquisti.
Non importa papà, stasera abbiamo aiutato qualcuno, chissà se lui percepirà il tuo profumo li su quei tessuti. Che sanno di bucato e sanno ancora di te. Io l’ho percepito papà… tu ci sei, ma forse non erano i tessuti, forse sono io che so ancora di te, del resto io sono parte di te. per sempre.

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