Rapunzel

E’ passato già un mese dall’inizio di questa quarantena. Questa casa è diventata il mio rifugio castello, e io mi sento Rapunzel nella torre in attesa di calare la treccia. Sembra tutto un incubo e in realtà lo è. Privati della libertà, degli spazi, degli abbracci, dei nostri cari, dei respiri. Confinati in costante sospetto, impauriti da un colpo di tosse o da una carezza. Guardo con sospetto perfino mia madre. Si esce con delle bruttissime mascherine e dei guanti, nessun accenno all’estetica, è sopravvivenza. Mors tua vita mea- Certo, ma qui il nemico è invisibile e la solitudine uccide anche di più. Le distanze adesso sono l’unico modo per salvarsi. Faccio tesoro dei sorrisi dei miei bambini dietro le webcam, lezione in pigiama e pantofole, con le mamme che passano l’aspirapolvere o che suggeriscono risposte pensando di non essere intercettate. Ogni tanto li vedo arrabbiarsi o piangere. Non deve essere facile essere un bambino in questo periodo. Non deve essere facile accettare tutto questo. Non lo è facile per noi adulti, non può esserlo per loro. Passo notti insonni pensando a quello che sarà, passo le notti studiando il futuro che non posso prevedere. Mi sveglio stanca sperando che sia tutto finito, invece mi metto ancora una volta davanti la web a fare la mia lezione del cavolo, a sentirmi imbecille e a chiedermi: ma io qui che ci faccio?
Ad ogni modo, io lo so di essere fortunata, so di essere circondata da gente che mi vuole bene, in questo periodo soprattutto ho sentito molta gente accanto a me, preoccuparsi per me, fosse anche solo condividere una foto per un sorriso. E il mondo là fuori mi manca, mi manca tutto, ma soprattutto mi manca lui e io non lo avrei mai detto.
Questo periodo ha permesso di tessere un piccolo filo tra di noi, abbiamo dato vita a un dialogo che prima era impensabile perché ogni parola prima era scandita da baci o da graffi. Ora mi ritrovo qui a pensare quanto fosse bello dormirgli accanto, addosso, svegliarsi insieme, cercarsi durante la notte, trovarsi appiccicati, stringersi. Mi manca la sua pelle, il suo odore, mi manca toccare quel corpo degno di una divinità greca, perfetto, scolpito, mi manca percorrere con le dita tutte le curve del suo corpo e fermarmi a palpare quelle natiche di marmo. Mi manca svegliarmi e guardarlo dormire e pensare: cosa ci fa lui così bello qui con me? Mi mancano le colazioni, lui che prepara il cappuccino, la gatta che si struscia sopra di me gelosa e io che mi struscio sopra di lui.
In queste notti, in piena notte, tra le due e le quattro mi ritrovo spesso un suo messaggio sul cellulare in cui mi scrive che mi pensa. Mi destabilizza. Mi ha anche scritto altre cose bellissime e io al solito mio ho paura. Ho paura che lo scriva perché in quarantena, e che quando tutto questo finirà sparirà ancora come accadeva prima. Ho capito che lo vorrei tutto per me. Ho anche capito però che qualcosa per lui conto. Mi ha permesso di assistere alla sua laurea on line qualche settimana fa e l’ho molto apprezzato. In questo momento mi da molta forza, forse è la motivazione che mi spinge a superare tutto questo. Pensare di poterlo riabbracciare. Spero finisca presto. Spero di trovarlo, spero mi aspetti.
Io intanto calo la treccia….

#covid #quarantena #reclusione #diario #distanze